mercoledì 20 febbraio 2013

ARAGOSTA LESSATA


L'aragosta lessata, o meglio aragostina, non è una vivanda di uso comune, soprattutto per il suo costo. Ma può ben capitare una qualche occasione, una qualche lieta celebrazione che ne giustifichi la spesa. E con l’augurio che ciò capiti presto anche a voi, eccovi le specifiche di lavoro.

Premessa
Le aragoste, e specie le aragostine monoporzione come quelle della foto, non si trovano fresche e vivaci in qualsiasi momento in cui ne abbiamo voglia. Occorre ordinarle, oppure può capitare di trovarle occasionalmente: in entrambi i casi è probabile che la loro disponibilità si verifichi in un tempo diverso da quello del nostro bisogno. La soluzione al problema è molto semplice: appena comprate, si infilano nel congelatore e quando si è comodi, da due ore a due mesi dopo, le si scongela. Il freddo intenso determina un rapidissimo torpore negli animali e una morte migliore di quella alla quale andrebbero incontro in qualsiasi altro modo. Infatti, anche se ogni volta che consumiamo carne o pesce siamo ben consapevoli di aver prima provocato la morte degli animali dei quali ci nutriamo, tuttavia troviamo insopportabile l’idea di tuffare le nostre aragoste vive nell’acqua bollente. Consiglio la pratica del congelamento in qualsiasi caso: sia per avere una scorta di aragoste disponibile nel nostro freezer, sia per evitare di causare una morte dolorosa a questi animali che abbiamo deciso di cucinare.

Ingredienti e dosi per varie porzioni
-  Una aragosta a testa, del peso lordo di tre o quattro etti ciascuna.
-  sedano, carote, prezzemolo e vino bianco economico per il brodo di cottura.
-  olio e limone e/o maionese per il condimento.
-  eventuale complemento e guarnizione al piatto, come cozze marinate, seppioline lessate o altro (io ho usato barchette di indivia belga riempite con uova di aringa).

Procedimento
1)  Da 12 a 18 ore prima di cominciare il lavoro estraete le aragoste dal freezer e mettetele nel frigorifero.
2)  In una capace pentola, possibilmente ovale o rettangolare, mettete 3 litri d’acqua, un gambo di sedano, due carote e qualche gambo di prezzemolo; portate a bollore e lasciate sobbollire da mezz’ora a un’ora; salate con g 30 di sale e aggiungete un litro di vino bianco. Buttate via tutti i ricettari che dicono di bollire le aragoste nell’acqua di mare: una quantità di sale appena un po’ più elevata dei nostri 30 grammi per quattro litri di liquido (7½ per mille, contro il 35 per mille dell’acqua di mare) rende la polpa dei crostacei sgradevolmente salata.
3)  Immergete le aragoste a una o due per volta nel liquido di cottura in ebollizione e fatele sobbollire per 9 o 10 minuti. Man mano che sono cotte, estraetele e lasciatele intiepidire da poterle maneggiare.
4) Dovete estrarre la polpa dal guscio (lasciate agli amanti dei facili effetti scenici il gusto di portare in tavola degli inutili e ingombranti involucri). L’operazione è più facile di quanto sembri, a patto di non abbandonarsi alla vana idea di recuperare qualcosa dalla testa o dalle zampe. Dunque, si butta via tutto tranne la preziosa polpa. A tal fine, con un coltello o un paio di forbici, si taglia il guscio per il lungo, sul lato ventrale; lo si apre con le mani e, passando le dita sotto la polpa, la si fa scivolare fuori.
5)  Può darsi che in cima alla polpa, verso la testa, vi appaia una masserella rossa: si tratta delle uova, chiamate gastronomicamente “corallo”. Toglietele con un cucchiaio e mettetele da parte: hanno sapore delicato e possono essere ottimamente mescolate, schiacciandole con una forchetta, a un paio di cucchiai di maionese.
6)  Estratta la polpa dal guscio, dovete intercettare il budellino che la percorre tutta: a volte si manifesta da solo, come nella foto qui a fianco. Estraetelo tirandolo con due dita e buttatelo via.
7)  Conservate le aragoste sgusciate al freddo fino a una mezz’ora prima del servizio. Quindi sistematele sul piatto da portata con le guarnizioni del caso e servitele a temperatura ambiente passando a parte:- olio,- limone,- maionese,- eventuale maionese mescolata col “corallo”.


    



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